di Giorgio Pomponi.

Caro Davide,

ti chiedo scusa se scriverò questo contributo al tuo blog in un modo “unconventional”, ma ho almeno due valide ragioni.

La prima è che non ho le competenze tecniche del “Vate” Bianchini, nè quelle di campo di Super Mario Boni, entrambi amici che così bene hanno scritto sulla tua avventura in NCAA.

La seconda è di gran lunga migliore. Io e te Davide siamo la sintesi perfetta dell’incipit di un libro stampato in oltre 150 milioni di copie e tradotto in oltre 300 lingue e dialetti: “tutti i grandi sono stati bambini, ma non tutti lo ricordano”.
Con l’eccezione che noi lo ricordiamo.

Basta ripensare al nostro primo incontro, quando tu avevi appena un anno (allora per tutti eri Davidino) e non ne avevi mai abbastanza di giocare con me (il nostro amico Luca ne ha le prove filmate), al punto che mamma e papà faticavano non poco a convincerti ad andare a nanna, e di quanto la vita, nel suo scorrere, mi abbia poi portato a trasformarmi da attore a spettatore del tuo “giocare”.

Sei stato un dono per me, perché se 18 anni dopo sono qui a scrivere qualcosa di te vuol dire che davvero, in qualche modo, ci siamo addomesticati tu ed io.

Io non so esattamente dirti se scegliere di fare un cambiamento così radicale, lasciando il posto dove ami (quello che fai) e sei amato (per quello che fai, ma non solo), sia stata un’evoluzione o una rivoluzione.

Evoluzione e rivoluzione sarà sempre un contrasto tra due concetti, che valgono entrambi nel tuo caso: perché hai scelto di evolvere per cercare di migliorare quello che già sapevi fare benissimo ai massimi livelli qui in Italia, e perché hai avvertito l’esigenza di fare una rivoluzione e di andare fuori dagli schemi.

In qualche modo rivedo, con i dovuti paragoni (io non sono un “predestinato” come te Davide), la mia rivoluzione di lasciare il mare, gli amici e Roseto per trasferirmi a Roma quando già avevo 45 anni.

Per questo tuo coraggio, se potessi per un giorno essere un Re Magio, ti porterei in dono la forza di non avere mai paura dei tuoi difetti.

Ma questo già lo sai, perché hai scelto di migliorarti andando a misurati con i migliori.

Ti diranno, perché la vita è questa, cosa dovrai fare per superare le prove che tu stesso ti sei messo davanti al cammino, io te ne dirò una sola, che sento vera: qualsiasi cosa tu faccia, il punto è la passione!

Una passione che bene si sposa con il colore della maglia di Texas Tech e con il nome “Red Raiders”; ti vedo bene nei panni dell’incursore rosso italiano!

Chiudo questa mia lettera con la descrizione di un mio momento: mentre dal divano di casa scrivevo questa lettera un raggio di sole mi ha colpito gli occhi riflettendosi sulla copertina di un libro, e siccome io credo nei segni mi sono alzato per vedere quale libro fosse…: “Like Kobe – Il mamba spiegato ai miei figli”.

Wow, che segno. Allora l’augurio non può essere che quello di essere il Kobe di te stesso!

Ti abbraccio, Davide.

Giorgio Pomponi
Giornalista
Responsabile Comunicazione “LBF – Lega Basket Femminile”